L'opera di Maria Grazia Lissa nasce da una profonda riflessione sui valori intrinseci della condizione umana che prende forma attraverso la materia plastica e morbida dell'argilla.
I soggetti delle sue terracotte sembrano essere personaggi di un unico e lungo racconto mai concluso che accompagna l'esistenza.Diversi sono i riferimenti culturali sempre filtrati dalla particolare visione dell'artista: dalla lontana realtà del mito alle ricercate citazioni letterarie, fino alla più vicina quotidianità.
Titoli quali Narciso, La signorina Felicita, Cinque giorni a Natale, esplicitano solo parzialmente la singolare condizione dei soggetti. Un'analisi più attenta permette di individuare nelle figure atteggiamenti e aspetti diversi della complessa realtà umana contemporanea.
Con il suo lavoro, Maria Grazia Lissa indaga l'origine dell'inquietudine e della triste malinconia che a volte affiora dal tranquillo scorrere della vita quotidiana.
Le figure per lo più femminili spesso sembrano ripiegarsi su se stesse, chiuse in un atteggiamento di difesa nelle loro pose raccolte con le braccia conserte o con le gambe accavallate. Gli sguardi assenti e malinconici lasciano trasparire il lieve malessere e l'inquietudine generati dall'impossibilità di uscire dai limiti imposti dalle convenzioni e dai ruoli sociali in cui sono costrette.
Le forme sono disegnate e circoscritte attraverso segni e incisioni che si sviluppano secondo un accentuato linearismo. L'argilla viene modellata come materia viva per poi essere definitivamente fissata in una figura attraverso i vari stadi di cottura.
Spesso la materia è assemblata lasciando emergere i grumi e le irregolarità, secondo un gusto per il grottesco che carica le figure di una particolare valenza espressiva.
Inevitabile è riconoscere la matrice espressionista di tale modus operandi che tendea deformare l'immagine per fare emergere gli aspetti più reconditi della realtà.
L'argilla plasmata, segnata, graffiata direttamente con le mani permette di instaurare un rapporto diretto tra l'opera e il suo creatore. Ricordo infatti che per Maria Grazia Lissa l'arte è un “atto di amore”: creare quindi significa donare un frammento o una parte di sé.
Anche per tale motivo il suo pensiero trova piena espressione nella terracotta e nelle diverse possibilità cromatiche degli smalti colorati che subiscono impreviste variazioni durante le diverse fasi di cottura.
Roberta Gubitosi
NOTE BIOGRAFICHE
Nasce nel ’55 a Fusine (Vicenza) un piccolo paese con pochi bambini ma tanti sentieri da percorrere in mezzo ai boschi, lì respira il fascino che emana la natura selvaggia e i suoi luoghi pieni di sacro mistero, lì va cercando le radure sperdute dove talvolta è possibile incontrare le Ninfe.
Per continuare gli studi, lascerà quelle piccole case appollaiate sul monte, portandosi nell'anima, per sempre, quella particolare atmosfera che, nel tempo, il ricordo renderà ancor più struggente: i luoghi dell'innocenza e del sogno.
All'inizio degli anni settanta, a Padova, frequenta il liceo Tito Livio e, ottenuta la Maturità Classica, s'iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia Lo studio della Storia dell'Arte si rivelerà fondamentale: conoscere le opere dei grandi artisti per lei significherà riconoscere ed affinare la sua innata attitudine artistica. La preparazione della tesi di laurea “De Chirico: les fleurs du mal” porterà mesi di riflessione e cambiamento, intense letture di Psicologia dell'Arte e testi di psicoanalisi, indagine che la porterà ad esplorare i meandri della mente e la valenza dell’inconscio nella vita di tutti i giorni.
Già i quadri ad olio della giovinezza (primi anni settanta) danno l’idea di quella che sarà la vocazione artistica di Maria Grazia Lissa: cogliere i segni che il sentimento, il dolore, la fatica del vivere, lasciano nelle ombre di un viso, nella piega di uno sguardo, nel pugno di una mano. Agli inizi degli anni novanta collaborerà con il Gazzettino di Padova con vignette di satira sulla politica locale, ma troverà comunque sempre il tempo per dedicarsi alla sua attività artistica. Di questo periodo i primi segnali che testimoniano la necessità della tridimensionalità, sono proprio del ’90 i quadri ad olio con sagome in rilievo, realizzati con materiale acrilico. L'attività artistica prosegue partecipando a concorsi di pittura, regionali e nazionali fino all’organizzazione della sua prima mostra personale, con il patrocinio dell'Assessorato alla Cultura di Vigonza, nello storico bellissimo teatro Quirino de Giorgio.
La svolta artistica avviene agli inizi del 2000 quando incomincerà a usare l'argilla, con la quale inizierà una nuova, feconda fase di sperimentazione e ricerca. I suoi primi lavori, le sue piccole sculture trovano subito notevole consenso: “Clochards” nel 2003 avrà il 2° Premio Bepi Spolaor, e anche negli anni successivi ci saranno altre segnalazioni e riconoscimenti. Sempre in questi anni entra a far parte del gruppo artistico Forma e Colore traendone nuovi impulsi e nuovi entusiasmi. Con il gruppo parteciperà a varie collettive: Belluno, Venezia, Verona… Nascono così i grandi bassorilievi, i volti, i busti, i grandi pannelli dove respirano, intensi, i ritratti dallo sguardo penetrante. Poi, ancora, i grandi vasi ingobbiati, incisi e dipinti, su cui si accovacciano sornioni quei gatti dallo sguardo umano e i volti di inquiete adolescenti L’apprezzamento di vari critici d’arte, il consenso di chi ha visto le sue opere la incoraggia ad aprire dapprima un sito Internet e poi una galleria d'arte (personale) in via Venezia 7 a Stra (VE). Da circa un anno cura con soddisfazione la sua presenza su Facebook dove di giorno in giorno, anche attraverso link internazionali, sta allargando i suoi contatti e la sua visibilità.
Da molto tempo ha fatto propria la frase del grande Henry Miller: “L'arte non insegna nulla tranne il senso della vita”.